Una leggera flessione del polso, poi medio e anulare si
piegarono per accarezzare il pulsante al centro del palmo, e da una piccola
bocca poco più in alto si allungò rapidamente un filo di ragnatela sintetica.
Mentre la tela si avvinghiava sul cornicione del palazzo di fronte, lui piegò
le ginocchia, scattando in avanti in un poderoso balzo. Una trentina di metri
più in basso, le strade di San Francisco ribollivano di traffico.
Diede uno strattone alla tela con il braccio, lanciandosi
verso il cielo. Qualche passante alzò gli occhi per afferrarne per bene la
sagoma rossa colta di sfuggita con la coda dell’occhio, ma la sua scia era già
scomparsa dietro qualche palazzo, come un miraggio da giungla d’asfalto.
Flesse di nuovo il polso lanciando un altro filo di tela, che stavolta si andò
ad invischiare su un cartellone pubblicitario; lui volteggiò fino ad esso,
poggiando la mano libera sulla carta. I polpastrelli vi aderirono subito. Mollò
la tela e arrancò lungo la superficie fredda. Poi, un altro salto nel vuoto.
Precipitando sentì l'aria che gli fendeva il volto sotto la maschera rossa e
nera, teneva le braccia distese lungo il corpo e le gambe tese in un gesto
liberatorio. Quando era solo a qualche metro da terra, lanciò un filo di
ragnatela verso un lampione piroettando così verso un’agile salvezza.
Dall’alto di un cornicione, vide in un vicolo un rapinatore
minacciare una coppia di anziani; sventare quell’atto comportò solo un breve
ritardo sulla sua tabella di marcia verso casa.
Spiragli di vita di città.
MarvelIT presenta:
#1
- Scena del crimine /prologo
di
Fabio "Mr Kayak" Graziano & Xel Aka Joji
(gli aracnofobi)
Benjamin Reilly entrò con non troppa circospezione dalla
finestra del suo appartamento: il senso di ragno di cui era dotato,
straordinario sesto senso che lo avvertiva di ogni pericolo, gli aveva
assicurato di essere al sicuro da occhi indiscreti.
Il suono della televisione della stanza accanto lo avvertì
che Helen, la sua compagna, era sveglia. Ben entrò nel salotto togliendosi la
maschera da Ragno Rosso; la ragazza era sdraiata sul divano, avvolta in un
piumone morbido dalle tinte colorate, lo sguardo fisso verso lo schermo.
"Ciao Helen..." - la salutò lui, baciandole la fronte.
"Ciao..." - rispose lei con voce spenta.
Ben si morse il labbro ed andò verso il frigorifero.
Helen stava male, da quando era stata violentata da un gruppo di pazzi
scatenati [1] si era chiusa in un silenzio serrato, non usciva più di
casa e non sorrideva più.
Non che non ne avesse le ragioni: i ragazzi che l'avevano aggredita erano stai
arrestati ma assolti subito al processo per direttissima, giudicati dalla corte
incapaci di intendere e di volere a causa dell'agitazione infernale che aveva
colto come loro anche milioni di altre persone in tutto il mondo.
Ma come poteva bastare questo a placare il tormento della ragazza? Poteva
davvero accontentarsi di pensare che l’influsso malvagio dell’Inferno
era una giustificazione sufficiente alla tragedia che aveva subito?
Ben, dal canto suo, non conosceva la risposta a queste
domande... e non sapeva neanche cosa dire alla sua ragazza per aiutarla ad
uscire da quel periodo nero:
"Quando tornerai al lavoro?" - ecco tutto quello che riusciva a
dirle: nulla che uscisse dall'ambito di stupide e imbarazzate frasi di
circostanza.
"Sono in ferie... fino a domenica..." - rispose Helen con voce atona.
Ben rimase un attimo a bocca aperta, con un mano tesa in avanti: avrebbe voluto
dire mille cose, chiederle come stava, come si sentiva, gridarle che l'amava e
che l'avrebbe aiutata a superare i momenti bui. Invece, si limitò a rispondere:
"Ero passato solo per bere qualcosa... Tra un'ora inizio il turno, ma
prima devo andare a sbrigare delle faccende..."
"Ok..." - il volto di Helen, pallido e chiaro, si tingeva delle tinte
schizofreniche dello schermo.
Lui indossò nuovamente la maschera e si diresse verso la finestra. Tentennò un
attimo, poi si voltò: "Helen... hai.. bisogno di qualcosa?"
"No Ben, niente...Grazie lo stesso." - fu la risposta di lei.
Ben si lanciò fuori dalla finestra, lasciando Helen da sola, nella stanza
riempita solo dai suoi della televisione.
"No Ben, niente...Grazie lo stesso." Ripeté la ragazza tra se e se "Tutto
quello di cui ho bisogno... lo farò da sola..."
Nascosto dietro la maschera del Ragno Rosso, Ben svolazzava
tra i palazzi della città. Stretto in quella tuta scarlatta riusciva a non
pensare a niente, a godersi per un attimo momenti di pura libertà. Planò in un
vicolo afferrando per la collottola un rapinatore che minacciava con un
coltello una donna, e lo appese con ironica abitudine ad un lampione.
Era in ritardo per l'appuntamento con Jessica: erano passati ormai già quasi
tre giorni da quando lei aveva accennato a Ben di volergli parlare, ma le vite
frenetiche di entrambi avevano costretto il rendez-vous a slittare più avanti
diverse volte.
La fretta però non faceva certo desistere il Ragno Rosso dal
compiere quelle azioni che ormai per lui erano entrati nella risma dei gesti
abituali; in un angolo, un uomo in impermeabile stava tendendo a un bambino una
piccola fiala contenente una polverine bianca. La tela del Ragno Rosso lo
attaccò contro il muro prima che potesse dargliela.
Se amava San Francisco era perché era una città tranquilla, al meno dal
versante delle minacce meta-umane. Dopo i problemi scatenati dalla taglia su
Ghost Rider [2], il tasso di buffoni mascherati della città era
notevolmente diminuito. Certo, ancora gli capitava di vederne qualcuno in giro,
ma ciò che più contava era che nessuno di loro lo coinvolgesse in oscure trame
che complicassero la sua vita: niente simbionti alieni in cerca di vendetta,
niente Goblin ritornati dalla tomba, niente di niente.
Una vecchietta attraversò in quel momento la strada, senza notare la fuori
serie che correva a velocità folle verso di lei. Ragno Rosso la prese tra le
braccia e la lasciò sul lato sicuro del marciapiede.
In quella città di minacce alla portata delle semplici menti umane, Ben poteva
pensare ad aiutare veramente le persone, a proteggerle dai piccoli e grandi
pericoli di tutti i giorni, ma che senza di lui sarebbero bastati a distruggere
la vita di un innocente. Come quella di Helen...
Scosse la testa per non pensarci e riprese il suo tragitto verso il tetto della
redazione del San Francisco Herald.
Scivolando sulla parete esterna del palazzo verso la
finestra dell’ufficio di Jessica, Ben ripensò alla loro ultima conversazione,
il giorno prima. Una telefonata veloce da parte di Ben, giusto di una conferma
per il luogo e l’ora definitivi del loro incontro: lei aveva giocato a fare la
gnorri, cosa che non le era mai gustata parecchio e che Ben interpretò come
l’impossibilità di parlare apertamente, forse la ragazza era in presenza di qualcuno
che si sarebbe posto troppe domande sentendola toccare certi argomenti.
La finestra era aperta, e il Ragno Rosso la aprì lentamente
per poi saltarvi attraverso agilmente con un rapido balzo. Il piccolo ufficio
era deserto; guardandosi intorno, Ben si chiese come mai Jessica continuasse ad
occupare quello stanzino angusto quando per l’importanza che rivestiva ormai
nello staff dell’Herald avrebbe potuto permettersi di pretenderne un più
comodo; forse, non riusciva a rinunciare alla privacy di essere del tutto
isolata dal resto della redazione, grazie alle vere pareti che sostituivano i
finestroni di cui erano invece dotati gli altri uffici.
Cercando di muoversi silenziosamente in mezzo al disordine
che regnava un po’ dappertutto nell’ufficio, Ben si mise alla ricerca di
qualsiasi cosa potesse suggerirgli i motivi dell’incontro voluto da Jessica. Le
ricerche proseguirono per una decina di minuti, soprattutto nei dintorni della
scrivania dove il Ragno Rosso sperava di trovare un appunto preso al volo o qualcosa
del genere. L’orologio sulla parete indicava che il tempo a disposizione di Ben
stava per finire, presto sarebbe dovuto uscire per recarsi alla stazione di
polizia per svolgere il suo turno, e chissà quando avrebbe potuto di nuovo
avere occasione di parlare con Jess.
In un ultimo, estremo tentativo Ben decise di dare
un’occhiata al computer dell’amica, sperando di non farsi notare da qualcuno
all’esterno della stanza per colpa del rumore dell’accensione o del fruscio
costante della ventola, deterrenti fino ad allora sufficienti a bloccarlo dallo
sbirciare in quel pc.
FRRR… BIP! BIP! BIP!
Dando una prima sbirciata alle cartelle del desktop,
il biondo eroe trovò un ordine e una precisione nella catalogazione dei file
ben diverso rispetto all’ambiente reale che lo circondava; se fosse stato un
virus digitale, Jess sarebbe stata senz’altro una ragazza da sposare. Purtroppo
però, la rapida ispezione non lo condusse a nessun file di testo che non
riguardasse vecchi articoli dell’Herald o appunti personali. Finché, dopo aver
cliccato sull’icona di Outlook nella barra sul fondo dello schermo, Ben
notò tra le bozze una e-mail ancora da spedire e indirizzata a lui:
----- Original Message -----
From: "Jessica Carradine" <jcarradine@sfherald.com>
To:
"Ben Reilly" <benjamin.reilly@yahoo.com>
Date:
Thursday, November 06, 2003 11:52 AM
Subject: Sul nostro amico comune in rosso
Caro Ben,
purtroppo i miei impegni di lavoro mi hanno costretta in questi giorni a rinviare continuamente il nostro appuntamento, nonostante l’importanza delle cose che devo dirti. Vorrà dire che se l’identità del Ragno Rosso diventerà di dominio pubblico avrò una cosa in più di cui lamentarmi col mio caporedattore…
Scusami se vengo subito al punto ma si tratta proprio di questo: ho scoperto che Ken Ellis possiede un dossier sul Ragno Rosso e sul suo alter-ego. Ha tutte le prove che gli servono, in effetti - parlo professionalmente - non riesco proprio a capire cosa aspetti a pubblicarlo. Che abbia ancora qualcosa in serbo per rendere tutto più esplosivo? Comunque, se fossi nel Ragno Rosso, avrei già abbastanza di che preoccuparmi.
Mi raccomando, avverti il nostro comune amico in calzamaglia di stare molto attento, Ellis ha due dita di pelo sullo stomaco e quando si tratta di un articolo non guarda in faccia a nessuno. Io di mio sto facendo il possibile per depistarlo, temo che dovrò trovare qualcosa di meglio per aiutare il R.R.
Stammi bene,
JESS
P.S. sento che qualcuno mi deve una cena…
Si vede che tra un impegno e l’altro Jessica aveva pensato
di tagliare la testa al toro e risolvere tutto inviando all’amico un messaggio
scritto, ma qualcosa doveva averle fatto di nuovo cambiare idea, forse
l’imbarazzo di trattare in modo così freddo un argomento di tale delicatezza, e
poi Ben non era certo uno di quelli che controlla la sua casella di posta
elettronica molto spesso. Eppure, il messaggio era ancora lì, tra le bozze;
chissà, forse l’avrebbe mostrato per curiosità a Ben durante il loro incontro
in programma per oggi.
Il Ragno Rosso però aveva ben altro per la mente: nella
fattispecie, l’immagine di un dossier che documentava il suo segreto più
pericoloso nelle mani di una iena come Ken Ellis.
CLIC CLAC
La maniglia della porta della stanza girò a vuoto per un
paio di mandate, finché non si aprì mostrando il solito trasandato Ken Ellis,
una pila di giornali di oggi sotto il braccio e un sacco della spesa con una
cena cinese take-away nell’altra.
“Jessica? Ci sei?”
Di fronte a Ken, la stanza era vuota; l’unica stranezza, il
computer acceso, ma lo schermo spento gli fece pensare che la proprietaria
dell’ufficio si fosse allontanata per un momento abbandonando sul pc un lavoro
in sospeso. Ellis decise di sedersi ad aspettare Jessica, voleva salutarla e
chissà che non l’avrebbe convinta a dividere con lui gli spaghetti di soia di
cui aveva comprato apposta una razione molto abbondante.
Aveva appena consegnato uno stupido articolo su una mostra
di Cani... di certo non il pezzo portante della sua carriera giornalistica, ma
doveva pure sempre guadagnare abbastanza per mangiare - anche solo un take-away
qualsiasi come ogni sera. Ma il momento della rivalsa stava per arrivare: stava
raccogliendo materiale per un articolo che avrebbe alzato un polverone.
Però qualcosa non gli tornava... una vocina nella testa che gli diceva che
quello sarebbe stato niente al confronto con... con... con cosa? C'era un altro
articolo, da qualche parte nel suo cervello, uno su cui stava raccogliendo
materiale da tempo... ma perché non riusciva a ricordarsene? Era come se quell'importante
ricordo fosse velato, coperto da una nebbia che ne celava i contorni.
Ma la cosa più assurda era che lui ricordava chiaramente di aver trovato lo
spunto per l'altro articolo importante a cui stava lavorando mentre raccoglieva
le informazioni per quello di cui invece non ricordava più niente.
Pensò che forse qualche ora di sonno e lo stomaco pieno lo avrebbero aiutato a
chiarire le idee: così, Ken raccolse il sacchetto che aveva appoggiato sulla
scrivania e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, dirigendosi di
buon passo verso l’uscita della redazione.
In quel momento, una figura in rosso spuntò da oltre la
finestra, e dopo essere rientrato nell’ufficio cancellò l’e-mail compromettente
di Jessica e spense il computer di corsa, prima di gettarsi di nuovo in volo
tra i palazzi a colpi di ragnatela.
Poco dopo, Ken rientrò affannato nell’ufficio: aveva
dimenticato i quotidiani sulla scrivania, e ne aveva un dannato bisogno visto
che nel residence pidocchioso in cui alloggiava c’era una sola televisione ed
era nell’atrio, costantemente puntata sul gioco a premi del momento. Infilò i
giornali nel sacchetto di plastica della rosticceria, quando si accorse che il
computer era spento… stranamente, preferì non dare peso alla cosa, la sua mente
gli stava giocando già troppi brutti scherzi ultimamente, era meglio rinviare
la discussione ad una bella dormita più tardi.
Quel giorno il turno di lavoro di Ben durò dalle diciassette
alle ventitre. Nonostante i vari imprevisti in cui era incappato da Jessica,
era arrivato alla stazione con mezz'oretta di anticipo e si era intrattenuto
facendo quattro chiacchiere con il suo collega Steve Harris, che aveva appena
terminato il suo turno.
"Come vanno le cose, Steve?" chiese mentre indossava la divisa negli spogliatoi.
"Alla grande." - Rispose l'uomo, mentre si tirava su i pantaloni
della sua tenuta borghese - "Oggi è stata una giornata abbastanza
tranquilla. Meglio così, mi potrò godere la serata!"
"Che fai?" fece incuriosito Ben.
"Ho un appuntamento con una ragazza... l'ho conosciuta qualche giorno fa,
una tipa veramente straordinaria." Spiegò Steve "Tutte le mie ex si
annoiavano a morte quando raccontavo del lavoro, lei invece è sempre
interessatissima! Tu che fai invece stasera?"
"Nulla di particolare... Penso prenderò una pizza e la mangerò con Helen
davanti ad un film in videocassetta... sempre che non abbia già cenato." -
mentì Ben, in realtà per quella sera il suo programma era andare a trovare Ken
Ellis, e cercare di risolvere faccia a faccia con lui la questione del dossier.
"Come sta la tua ragazza?" - Steve si sedette su una panca e si
allacciò le scarpe.
"Lentamente sta superando il trauma..." - Ben chiuse i bottoni della
camicia.
"Sai che penso? Dovresti portarla fuori, a svagarsi. Passare le serate a
casa la deprimerà ancora di più. Fate due salti discoteca o portala a un pub.
Dovremmo uscire tutti insieme uno di questi giorni, non ho mai avuto il piacere
di conoscere la tua Helen." - Steve si infilò la giacca e guardò
l'orologio - "Beh, per me si è fatta ora di andare. A domani Ben!"
Ben ricambiò il saluto e finì di vestirsi, poi uscì dallo spogliatoio
dirigendosi verso la sala riunioni, dove il sergente in servizio avrebbe
condotto il briefing di inizio turno e indicato i compiti.
La giornata di lavoro fu, come previsto, tranquilla.
Tuttavia tornò a casa abbastanza stanco.
Poiché un suo collega gli aveva dato un passaggio in moto, non ci fu bisogno di
tornare a casa nei panni del Ragno Rosso. Entrò dalla porta d'ingresso,
chiamando il nome di Helen.
Non ricevette risposta.
Notò che la giacca della ragazza non era poggiata sull'appendiabiti
all'ingresso, quindi era uscita.
Si sentì sollevato: se Helen aveva avuto la forza di uscire di casa, vuol dire
che stava cominciando a superare la sua depressione.
Si diresse verso l'armadio ed indossò qualcosa di più comodo, poi tirò fuori da
uno scatolone un fagotto nero.
"Non pensavo che il costume di Dusk mi sarebbe stato ancora utile." -
Mormorò Ben stendendolo sul letto. "Visto quanto lo uso, dovrei considerare
di lasciar perdere l'identità del Ragno Rosso diventando Dusk sette giorni su
sette... Naaa... vestito così scuro perderei tutto il mio stile brillante e
sbarazzino... A meno che..."
Il trillo del campanello lo strappò ai suoi pensieri.
Ben andò aprire, senza neanche chiedere chi fosse, convinto
che si trattasse di Helen che aveva dimenticato le chiavi. Invece si trovò di
fronte a Janine.
"Oh, Rossa... sei tu..." - commentò Ben.
"Sembri deluso di vedermi..." - fece Janine, con un sorriso
palesemente forzato.
"No figurati! Accomodati." - Ben la fece entrare "Vuoi qualcosa
da bere?"
"Hai un'acqua tonica?" - chiese Janine sedendosi sul divano.
"Acqua Tonica in arrivo!" - Ben prese la bottiglietta dal frigo e
raggiunse la ragazza "Beh, cosa fai qui a San Francisco?"
"Sono tornata qualche giorno fa..." - si fermò un attimo per bere un
sorso d'acqua e poi riprese - "E sono tornata per restare..."
Ben la guardò contrariato. Janine ricambiò lo sguardo in silenzio, poi si voltò
delusa dandogli le spalle: "Ok, non pretendevo che facessi i salti di
gioia, ma..."
"No, aspetta Janine, io..." - Ben la afferrò per una spalla facendola
voltare - "Perché hai deciso di trasferirti a San Francisco?"
"Perché non ho niente." - Rispose laconica - "Nella mia vita non
c'è nulla... ho una vita vuota e l'unica cosa che può riempirla è la tua
presenza."
"Janine, ti prego, cerca di capirmi: la mia vita qui è appena
ricominciata, le mie certezze sono poche e tu..." - mentre Ben parlava, la mano della ragazza
gli sfiorava la guancia - "E io ora sto con Helen, e noi..."
"Sei sicuro dei tuoi sentimenti?" - gli chiese Janine avvicinando il
volto al suo - "Se lo fossi, non basterebbe la mia presenza a metterti in
crisi così. Forse, noi..."
Uno scatto della serratura e la porta di casa si aprì. Helen, con una pizza da
asporto tra le braccia, entrò, fermandosi sulla soglia a guardare i due come
un’estranea: "Spero di non interrompere niente..."
"No, stavo giusto andando via..." - rispose Janine alzandosi dal
divano e dirigendosi verso la porta. La rossa si fermò un attimo voltandosi per
salutare Ben: "Ci sentiamo" - poi guardò Helen con maliziosa
sufficienza ed aggiunse con voce tenue - "Buona Serata, Helen..."
La coppia di fidanzati rimase in silenzio per qualche istante, guardandosi
negli occhi senza muoversi. D'un tratto Helen si mosse verso la cucina:
"Avresti dovuto avere la decenza di portartela in un Motel..."
"No, Helen, non è come pensi…!" - Ben fece per afferrarla, ma lei si
scostò.
"Non mi toccare!" - strillò facendo cadere il cartone con la pizza,
che fortunatamente non uscì dalla confezione spiaccicandosi sul pavimento; la
bionda si chinò subito a raccogliere la sua cena e riprese a parlare a bassa
voce: "A voi uomini interessa solo quello, vero?"
Ben cercò di aiutarla ma lei lo allontanò con un gesto del braccio.
"Non ho bisogno del tuo aiuto, Ben... non ho bisogno dell'aiuto di
nessuno. " - disse Helen con disprezzo - "Non hai qualcosa di
importante da fare? Che so, andare a svolazzare tra i tetti?"
Helen sparì in un cucina, lasciando Ben da solo.
"In effetti... ho qualcosa da fare..." - mormorò Ben tornando in
camera da letto.
Qualche secondo dopo, il Ragno Rosso planava tra i palazzi
con il costume di Dusk indosso; in effetti, è curioso parlare di una maschera
camuffata come un’altra, ma vedendo la sagoma nera di Dusk arrampicarsi sui
muri nella notte di San Francisco la bizzarra impressione era proprio quella.
Durante il tragitto verso l’appartamento di Ken, il cui indirizzo si era
appuntato dal piccolo schedario sulla scrivania dell’ufficio di Jessica, la
mente di Ben non faceva che riflettere sul ritorno di Janine. La sua ex fiamma
non sarebbe potuta tornare in un momento più inopportuno: la sua relazione con
Helen stava entrando in crisi, per non parlare dei rischi che chiunque intorno
a lui avrebbe corso se l’identità del Ragno Rosso fosse stata resa pubblica.
Le circostanze parlavano chiaro: stare vicini a Ben Reilly era quasi più
pericoloso che essere lo stesso Ben. Scacciò quei pensieri: non era il momento
più adatto per averli in testa, la situazione richiedeva concentrazione… e un
piano da decidere all’ultimo minuto.
Dopo circa mezz'ora di moto, Dusk raggiunse una costruzione cadente e dimessa,
a quanto pare Ellis non se la passava molto bene. Scivolò contro una parete, nascondendosi
nell'ombra grazie ai misteriosi poteri del costume che indossava, e lentamente
risalì fino a quando non trovò la finestra dietro la quale era celata la camera
da letto di Ken.
In quel momento il giornalista era seduto sul letto, con un giornale aperto tra
le gambe mentre con le mani mangiava con un paio di bacchette degli spaghetti
cinesi da una scatoletta bianca e rossa. Ogni tanto smetteva di mangiare e
appuntava qualcosa con una penna che teneva a portata di mano accanto a lui,
annotando qualche dettaglio interessante di una serie di articoli che stava
leggendo, ma non riusciva a concentrarsi come avrebbe voluto: la sua mente era
troppo presa dal cercare di ricordare quel dettaglio all’apparenza fondamentale
che gli sfuggiva negli ultimi giorni.
Era come cercare di ricordare un sogno al risveglio, gli sfuggiva il contenuto,
ma sentiva che se gli fosse venuto in mente anche solo un piccolo particolare
sarebbe riuscito a districare quella matasse di ricordi indistinti.
Ben entrò d'improvviso dalla finestra spaccando il vetro con un calcio, facendo
sobbalzare il giornalista che rischiò di soffocarsi con un boccone ingoiato
male per lo spavento.
"Tu.. chi sei? Cosa vuoi?" - esclamò Ellis - "Vai via o chiamo
la poli..."
Ben gli mostrò il pugno chiuso e gli parlò con voce minacciosa: "Non
muoverti, Ellis, o ti spacco tutte le ossa... Sono qui per avvertirti: scrivi
quell'articolo sul Ragno Rosso e non rimarrà abbastanza di te per concimare un
campo!"
Per rendere più drammatica la sua affermazione, Dusk mise un po’ di subbuglio
nella stanza, rivoltando una scrivania per poi spezzarla con un colpo di
karate, e buttando sotto sopra il letto, facendo cadere Ellis che tremava dal
terrore.
“Il Ragno Rosso è mio! Ho deciso di distruggerlo ma voglio
farlo lentamente, voglio schiacciarlo come l’insetto che è! Se tu lo getterai
allo scoperto sul tuo giornalaccio, come tutti i ragni si nasconderà nel buco
profondo e nero da cui proviene, e dovrò dire addio ai miei propositi di
vendetta!” - Ben simulò un ulteriore scatto di rabbia fracassando la parete con
un pugno, aprendo così un piccolo spiraglio tra la camera da letto e la cucina.
“Quando l’avrò ucciso, ti porterò la sua testa se vorrai… ma
la sua identità dovrà continuare a restare un segreto anche allora, non voglio
certo farne un martire.” - Ben fece una capriola e saltò fuori dalla finestra,
sperando che il suo tono non fosse troppo forzato.
“Ricorda!” - disse mentre spariva nelle ombre proprio di
fronte allo sguardo di un attonito e paralizzato Ken Ellis.
Lo sconvolto giornalista rimase quindi solo nella stanza, a
guardare fisso la finestra da cui era entrato Ben.
Nella sua mente era però scattato qualcosa: il Ragno Rosso… sì, l'articolo
doveva riguardare lui, quel buffone in calzamaglia, ma... qual era la notizia?
Dove stava lo scoop?
Fu allora che gli venne in mente di controllare dove teneva abitualmente i suoi
dossier più scottanti, in un armadietto piuttosto isolato e del tutto anonimo
che aveva affittato al deposito della stazione ferroviaria.
"Come cazzo ho fatto a dimenticarmene?" - inveì contro se stesso,
alzandosi di scatto dal letto e correndo fuori dall'appartamento. Galoppò per
le scale e, uscito dal palazzo, fermò il primo Taxi che passò.
"Mi porti subito alla stazione."
Ellis giunse alla stazione poco meno di un'ora dopo.
Ovviamente, l’uomo ignorava che Ben l'avesse seguito tutto il tempo, planando
da un palazzo all'altro e celandosi nel buio della notte grazie alle abilità di
Dusk: così, Ken si diresse con ingenua foga verso il deposito della stazione.
Ben aderì contro il soffitto e continuò a seguirlo gattonando.
Nell'ampia sala degli armadietti, Ellis era a prima vista l'unico presente. La
stanza era male illuminata perché delle tre luci principali sul soffitto solo
una funzionava.
Ellis camminò fino ad un armadietto nell'angolo. Aprì il portafoglio e dallo
scomparto per gli spiccioli tirò fuori una piccola chiave. La infilò nella
serratura, fece un mezzo giro e poi tirò verso di sé lo sportello: subito, ne
scivolo fuori uno spesso e un po’ logoro fascicolo.
"Io.. ho raccolto... tutto questo materiale... ma quando?" - si
chiese fra se e se Ken, mentre sfogliava il dossier. Vi erano foto del Ragno
Rosso e del secondo Uomo Ragno, estratti di giornale con notizie sui due super
eroi, e poi alcuni ritagli incentrati sul rapimento di Ben Reilly da parte di
Norman Osborn, interviste fatte da Ken stesso ad alcuni conoscenti di Parker e
Reilly, una lista con gli spostamenti di Ben Reilly in America e una con gli
avvistamenti del Ragno Rosso.
E man mano che sfogliava, era come se nella mente di Ken venissero sollevati
una serie di veli, uno dopo l'altro, tutto diventava più chiaro, tutto
cominciava ad avere senso...
Quando giunse alle ultime pagine, quelle dove aveva scritto a penna le sue
deduzioni finali, nonché un abbozzo della struttura dell'articolo, oramai aveva
ricordato tutto: Benjamin Reilly era in realtà il Ragno Rosso!
Ma non aveva finito di leggere l'ultima pagina che d'improvviso il plico gli fu
strappato dalle mani: era stato Ben, che con un balzo era sceso dal soffitto
alle sue spalle.
"Grazie per la pronta consegna!" - esclamò facendo un saltello
indietro.
"No! Ridammelo!" - gridò Ken cercando di saltargli addosso.
Ben si scostò e gli fece uno sgambetto con il piede, facendolo cadere a terra.
"No!" - gridò Ken,
digrignando i denti e prendendo ripetutamente a pugni il pavimento, in un
ultimo impeto di rabbia e frustrazione.
Quando Ken si rialzò, della figura in nero non c'era più
traccia: non poteva di certo sapere che Ben non si era mosso ed era esattamente
sopra la sua testa, nascosto tra le ombre, anche se a causa di quello che aveva
visto al residence ne ebbe un lontano sospetto che lo convinse ad arrendersi e
fuggire di lì al più presto possibile.
Era stato così vicino all'articolo del secolo e tutto il materiale gli era
stato strappato dalle mani. Non sapeva chi fosse quella figura in nero, ma una
cosa era sicura: in qualche modo c’entrava Reilly. Reilly l'aveva fregato, ma
lui si sarebbe vendicato.
Non avrebbe smascherato il Ragno Rosso, ma con il suo prossimo articolo avrebbe
reso comunque la vita più difficile a quel dannato biondino. Era una mera
soddisfazione, ma era almeno qualcosa.
In cima al Golden Gate Bridge, Ben Reilly guardava le luci
della città che brillavano nella notte, mentre tra le mani teneva ancora
stretto il fascicolo di Ken.
Sfogliandolo, aveva rivissuto per un attimo i momenti più importanti della
vita: quella che aveva fatto Ellis era stata senza dubbio un'accurata ricerca.
Afferrò i lati del fascicolo con le due mani e lo strappò con un colpo netto.
Lo ridusse in tanti, minimi frammenti e poi lo gettò nel vuoto, lasciando che
il vento li portasse via.
Aveva eliminato un grosso problema, certo ce n'erano e ce ne sarebbero stati
molti altri, ma per lo meno avrebbe dormito dei sogni tranquilli senza il
pensiero di un articolo di giornale che avrebbe rovinato la sua vita.
Non che in quel momento le cose fossero tutte rosa e fiori: Janine tornata
all'attacco, Helen in crisi ed Ellis che avrebbe cercato di sicuro di vendicarsi
formavano insieme un peso bello grosso da sopportare, e difficile da tenere a
bada.
Ma Ben non si scoraggiò, avrebbe fatto fronte a tutte le difficoltà e sarebbe
riuscito a portare avanti quella vita che con tanta fatica era riuscito a
costruirsi.
Saltò giù dal ponte e planò verso casa.
Casa di Ben Reilly.
Lo squillo del telefono riecheggiò una dozzina di volte nelle stanze vuote.
Poi, preceduta da un cicalio, si attivò la segreteria telefonica, e lo squillo
fu sostituita da una voce "Ben, sono Peter... ci sei? ... Mi sa che non ci
sei vero? Beh ascolta ti volevo dire... per quanto riguarda la faccenda di Ken
Ellis: Ho risolto tutto. Il nostro piccolo segreto non è più in pericolo...
appena torni a casa chiamami, così ti spiego meglio...ciao! [3]"
La casa piombò di nuovo nel silenzio.
Next: Scena del Crimine /1 - Bang.
Basta poco a porre fine alla vita di un uomo, quattro lettere e una pallottola
da pochi cents. Bang. Nulla si crea, nulla si distrugge, ma basta un suono così
tristemente familiare a resettare un ciclo vitale e riportare un atomo alla
casella uno nello stomaco di un verme. Bang. L’inizio di una sciarada verso la
fine di un mondo.
Note degli autori:
Benvenuti al nuovo spin-off di “Webspinners”,
e cioè alla serie dedicata alle avventure in solitario del Ragno Rosso.
La (mai abbastanza) premiata ditta Mr. Kayak e Xel aka Joji è felice di darvi
il benvenuto al primo capitolo di quella che è stata concepita come una grande
saga noir, ma per accontentare i puristi confessiamo da subito che tra indagini
e assassinii ci sarà comunque spazio per qualche scazzottata vecchia maniera.
Un ringraziamento speciale a Mickey, che sulle
pagine de “L’Uomo Ragno” ci ha restituito il personaggio di Ben Reilly,
più sano e pimpante che mai.
Note a margine:
[1] durante la saga
Inferno2... su Webspinners UE #2 o su Ragno Rosso UE #0.
[2] vedi la Saga
"Braccato" su Ghost Rider MIT nn. 3/5
[3] Peter ha cancellato il
ricordo della sua doppia identità dalle menti di chi non avrebbe dovuto esserne
a conoscenza su l'Uomo Ragno MIT #36